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Dalla parte di chi comanda

Rallentare. Questa è la prima e fondamentale regola che sto seguendo.

Quello che in tanti anni non ho mai avuto è stato il controllo sul cibo. Potevo controllare me stessa, se aprire o meno il frigorifero, ma erano sempre e comunque azioni di placcaggio di una me che correva verso il cibo, attratta come una falena dalla luce. Quello che sto facendo è riacchiappare le redini del nostro rapporto.
Non mi va di essere sempre lo zerbino morto di [cibo] che porta a passeggio il chiwawa della Fame, sorregge pile di sacchetti mentre lei fa shopping e la scorrazza in macchina ogni volta che schiocca le dita. Rallentare è servito a questo: riappropriarmi del comando.


Rallentare è più una questione di mente che non pura meccanica. Contare fino a venti movimenti di mandibola prima di inghiottire non funzionava quando lo facevo come puro gesto, perchè mi sono resa conto che semplicemente masticavo alla velocità della luce, vanificando quella che doveva essere la potenza di quell'azione. Dovevo rallentare i pensieri.

R a l l e n t a r e.
Adesso quando mangio, mangio piano. Prendo un morso, appoggio la forchetta e anche se non mastico duecento volte lo faccio comunque lentamente. Lasciando che il cibo si sciolga e spremendo ogni goccia di sapore di ciò di cui non mi sto barbaramente nutrendo, ma di ciò che sto assaporando. Pian piano ci si abitua. E succedono cose strane...
Tipo che certi cibi normalmente noti come Cibo da trangugio, come gli snack e simili, se li assaporo lentamente e ne ascolto tutte le note, non sono poi così buoni. Mi è successo con un biscotto. Aveva un profumo di cioccolato intenso e delizioso, ma prendendolo a morsetti e lasciandolo letteralmente sciogliere sulla lingua mi sono accorta di un retrogusto finto, qualcosa che stonava in un biscotto. Non credo sarebbe successo con quelli che prepara mia madre...
Se ci si concede il tempo di sentire, e lasciarsi assorbire da ciò che mangiamo, succede che scopriamo cosa davvero ci piace e cosa ci piace perchè soddisfa bisogni diversi da quelli della nutrizione. Bisogni intimamente nascosti dentro qualche antro del cuore o della mente. Bisogno di colmare un vuoto psicologico magari. Come la buffa, ma tragica, situazione in cui si trova ad ingozzarsi per colmare quel baratro di tristezza dovuto al fatto, beh, di ingozzarsi.

Ci sono altre considerazioni a proposito di questa regola, che sto scoprendo sulla mia pelle. Ma ne parlerò ancora, non c'è nessuna fretta.

Moon [-3.1]

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